Signoraggio Bancario: la definizione della Banca d’Italia

Signoraggio bancario-la definizione della Banca d'Italia
Signoraggio bancario-la definizione della Banca d'Italia

Di Michele Perna

Signoraggio Bancario, un termine comunemente definito “complottista”, ma che è in pratica una realtà di cui vi riportiamo la definizione presente sul sito ufficiale della Banca d’Italia:

“Ecco come la Banca d’Italia da una definizione al termine SIGNORAGGIO”

Per signoraggio viene comunemente inteso l’insieme dei redditi derivanti dall’emissione di moneta. Per le banche centrali, il reddito da signoraggio può essere definito come il flusso di interessi generato dalle attività detenute in contropartita delle banconote in circolazione o, più generalmente, della base monetaria. Per l’Eurosistema, questo reddito è incluso nella definizione di “reddito monetario”, che, secondo l’articolo 32.1 dello statuto del Sistema europeo di banche centrali (SEBC) e della Banca Centrale Europea (BCE), è “il reddito ottenuto dalle banche centrali nazionali nell’esercizio delle funzioni di politica monetaria del SEBC”.

Sempre sul sito web della Banca d’Italia troviamo una analisi storica del signoraggio bancario e non, specificando anche il diritto di signoraggio che aveva lo Stato nel corso della Storia.
Dalle varie inflazioni comportate dalla cattiva gestione degli Stati e da periodi di crisi hanno fatto si che dal pari contenuto di oro e argento nelle riserve auree, si è giunti alla conclusione che sia molto più sicuro tenere una proporzione stabile della massa monetaria e il valore dei beni prodotti dall’economia.
Con l’avvento della carta moneta le potenzialità di estrarre un profitto da signoraggio si ampliarono, sia per via del costo minimo di produzione, sia perché ai biglietti cartacei si poteva imporre un valore arbitrariamente alto. E infatti vi furono abusi, anche imponenti. Uno degli esempi più famosi è l’alluvione delle “banconote” della Rivoluzione francese, gli “assegnati” che, tra il 1790 e il 1796, furono utilizzati per tenere in piedi la macchina dello Stato francese, a prezzo di un’inflazione del 10.000 per cento.

Per evitare questi abusi di natura politica, dopo una complessa evoluzione istituzionale, si affermò l’idea che l’emissione di moneta dovesse essere affidata a enti indipendenti dai Governi. Inizialmente la facoltà di emettere le banconote fu data a banche private che svolgevano questa attività in regime di concessione. Esse dovevano rispettare numerosi obblighi, fra i quali quello principale era di garantire la convertibilità dei propri biglietti in oro o argento a un tasso fissato dalla legge. Dopo la prima guerra mondiale, tuttavia, ci si rese conto che l’obbligo di convertibilità, concepito per garantire il valore della moneta, comportava forti rischi per la stabilità economica, perché imponeva, in momenti di crisi, pesanti restrizioni monetarie che acuivano le crisi stesse, anziché alleviarle. Tale obbligo è stato perciò abolito e l’emissione della moneta è stata affidata alle banche centrali. Oggi il valore delle banconote è garantito, oltre che dalle leggi dello Stato (valore legale), dall’obiettivo assegnato alle banche centrali di mantenere l’offerta di moneta commisurata alle necessità dell’economia, evitando così sia l’inflazione che la deflazione. Le banche centrali assicurano inoltre anche l’integrità e l’autenticità delle banconote in circolazione.

Oggi, quindi, il signoraggio viene percepito in prima battuta dalle banche centrali, le quali tuttavia lo riversano poi agli Stati, titolari ultimi della sovranità monetaria. La principale differenza consiste nelle modalità con cui si forma il signoraggio. Quando la moneta è prodotta dallo Stato, è quest’ultimo che, spendendola ad esempio per acquistare beni e servizi, la mette in circolo nell’economia e realizza immediatamente il controvalore, al netto dei costi di produzione. Quando invece è la banca centrale a emettere le banconote (o, più in generale, la base monetaria, che include anche le riserve costituite dalle banche su conti presso la banca centrale), queste non sono spese in beni e servizi ma fornite alle banche commerciali, in forma di prestito, per le esigenze del sistema economico, o utilizzate per l’acquisto di attività finanziarie, come i titoli di Stato o le attività in valuta estera; al valore delle banconote, iscritto al passivo del bilancio della banca centrale, corrisponde quindi l’iscrizione di attività fruttifere nell’attivo del bilancio, che rendono un interesse. Perciò la banca centrale ottiene il signoraggio nel corso del tempo, come flusso di interessi sulle proprie attività fruttifere, al netto del costo di produzione delle banconote. Il valore scontato di tale flusso, che come si è detto è riversato allo Stato, è pari a quello che quest’ultimo avrebbe ottenuto immettendo direttamente la banconota nel circuito economico.

Nel caso specifico dell’area dell’euro l’emissione delle banconote è assegnata alla BCE in concorso con le BCN. Il “reddito monetario” di ogni singola BCN è definito come il reddito annuo che essa ottiene dagli attivi detenuti in contropartita delle banconote in circolazione e dei depositi costituiti dagli enti creditizi. Questo è trasferito alla BCE e da questa ridistribuito alle BCN sulla base della loro partecipazione al capitale della BCE. Le BCN, a loro volta, lo fanno affluire ai rispettivi Stati una volta dedotte le spese di funzionamento ed effettuati i necessari accantonamenti.

La Banca d’Italia, in particolare, fa confluire allo Stato – attraverso le imposte e la distribuzione dell’utile – la sua quota di “reddito monetario” insieme agli altri redditi derivanti dai propri investimenti non connessi con le funzioni di politica monetaria e dalle attività esercitate, al netto dei costi di gestione e degli accantonamenti. Questi ultimi sono finalizzati a preservarne la solidità e l’indipendenza finanziaria, consentendole di fronteggiare autonomamente, e quindi al riparo da possibili condizionamenti esterni, i rischi che scaturiscono dall’esercizio delle funzioni che le sono istituzionalmente assegnate.

Al riguardo, più nel dettaglio, l’art. 38, co. 2, dello Statuto della Banca d’Italia prevede che l’utile netto sia destinato: alla riserva ordinaria fino alla misura massima del 20 per cento; ai partecipanti titolari di quote al termine del quarantesimo giorno precedente alla data dell’assemblea in prima convocazione fino alla misura massima del 6 per cento del capitale; alla riserva straordinaria e a eventuali fondi speciali fino alla misura massima del 20 per cento; allo Stato, per l’ammontare residuo. In particolare, con riferimento agli esercizi 2014 e 2015, a fronte di dividendi corrisposti ai partecipanti al capitale in misura pari a € 340 milioni per ciascun anno (4,5% del capitale), l’ammontare dell’utile netto assegnato allo Stato è stato pari: per il 2014 a 1.909 milioni di euro (in aggiunta a imposte per 1.159 milioni); per il 2015 a 2.157 milioni di euro (oltre a imposte per 1.012 milioni).

Tutto proviene dal sito ufficiale della Banca d’Italia, e dàuna spiegazione abbastanza dettagliata di cosa sia il Signoraggio Bancario.
Praticamente viene detto che un 6% della quota che riceve l’Italia da parte della BCE, derivante dal signoraggio prodotto dall’emissione di moneta, finisce come utile agli azionisti della Banca d’Italia, la quale è a norma di legge un istituto di diritto pubblico, ma se guardiamo gli azionisti notiamo che:





Quasi tutte le quote di Banca d’Italia sono in mano a banche e assicurazioni private. INAIL e INPS, due istituti di previdenza pubblica, ne possiedono circa il 5 per cento, mentre le due principali banche italiane, Intesa e Unicredit, da sole controllano un terzo di tutte le quote.
Ma ritornando alla ripartizione degli utili che è compiuta dalla Banca d’Italia andremo a dedurre che è un ritorno per la grande parte per i due enti bancari più grandi d’Italia.
E’ solo una parte minima degli utili che la BCE gira alla Banca Nazionale ma è inconcepibile questa sottrazione di moneta a guadagno delle banche.
Ora nessuno venga a dire che il signoraggio bancario non esiste e parliamo di numeri in larga scala, apriamo gli occhi!


“Meno male che la popolazione non capisce il nostro sistema bancario e monetario, perché se lo capisse, credo che prima di domani scoppierebbe una rivoluzione”, diceva Henry Ford, frase ancora attuale.